DA ROMA SUD A MOSCA SUD: La prima volta




Siccome il destino e il caso sembrano due suggestioni destinate ad annullarsi a vicenda è inutile chiedersi perchè da Roma, dove abito nella zona sud, ogni volta che sono capitato a Mosca ho sempre trovato una sistemazione a sud anche nella capitale russa. Peraltro la dimensione del "sud" non rimanda a concetti sempre uguali in tutto il mondo. Anzi. Il sud della Germania, ad esempio è più ricco del nord del Paese (basti pensare alla Baviera) e così probabilmente in Francia. Non è poi soltanto questione di ricchezza ma la condizione socio-economica è fuor di dubbio che delinei alcuni iniziali perimetri psicologici e ambientali. In realtà a Mosca una volta ho abitato anche a nord. Durante il primo viaggio in assoluto. Pieno inverno, era il 2 dicembre, arrivo solo e sprofondato nella neve nella capitale tanto immaginata di Madre Russia. Organizzato ero organizzato. Da Roma avevo prenotato una stanza d'albergo in un complesso di quattro edifici-grattacieli (chiamati alfa-beta-gamma-delta) a Izmailovo, nord est della città. Arrivo in piena notte (come accadrà ogni volta in ognuno di un'altra decina di viaggi che poi feci a Mosca), avevo appuntamento con alcuni giornalisti e amici. Appena esco dal gate e dai controlli, vedo arrivare verso di me una vera e propria torma di uomini più o meno tarchiati, coppola in testa come d'uso in Italia negli anni '70, visi meridionali. "Cazzo vogliono questi?". "Taxi? Taxi?". Nel 2011, ma anche oggi in parte, la Russia ha più tassisti abusivi di queli regolari. Negli aeroprti, nelle stazioni ma anche per strada (persino alle fermate degli autobus: se un autobus ritarda infatti, conviene prendere il taxi abusivo che costa un niente). Lì per lì non so che fare. Appena arrivato, spaesato, questi che insistevano senza tregua. "Taxi? Taxi?". Chiamo un amico giornalista (in realtà non ci eravamo mai visti, ci conoscemmo in un viaggio successivo perchè l'appuntamento in quell'occasione saltò), Andrea Riscassi. Era l'una di notte e in più chiamavo col mio numero italiano. Mi risponde parlando veloce come se pensasse agli scatti al minuto. "Che devo fare?". "Non so. Ma dai, prendi uno di quei taxi. Ci vediamo domani". Esco fuori dall'aeroporto a fumare una sigaretta e ci penso. Uno di quelli insistenti mi segue (tutti i taxisti abusivi seguono, in genere). Mi convinco e dico. "Vabbè. Quanto costa?". Mi dice il prezzo che non ricordo ma era fattibile. "Dobbiamo camminare un po' però", mi dice. "Ho la macchina parcheggiata lontano". "Eccoollà", dico. Andiamo. L'auto è in un parcheggio. È un po' vecchia ma tant'è. Butta fuori dall'auto vecchi giornali che tappezzavano i tappetini. Mi fa mettere trolley e borse nel bagagliaio. "Mi aspetti. vado a pagare il parcheggio". Eccoollà e rimango in attesa al buio, in un parcheggio lontano dall'aeroporto e con le valigie chiuse a chiave nel retro della macchina. (...continua...)

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